Dallo smart working al distretto intelligente: il Piano strategico della Provincia autonoma di Trento

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Un’innovazione di tipo organizzativo come lo smart working può avere anche un forte impatto sulla trasformazione dei rapporti socio-economici del territorio: su questo assunto si basa il Piano strategico approvato dalla Giunta della Provincia autonoma di Trento all’inizio di settembre

22 Ottobre 2021

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Si chiama “Dal lavoro agile al distretto Trentino intelligente” il Piano strategico approvato dalla Giunta della Provincia autonoma di Trento all’inizio di settembre. Un documento che, già dal titolo, mette in stretta correlazione l’organizzazione del lavoro con lo sviluppo territoriale. Come è nata questa idea e come si è arrivati alla redazione del Piano? Ne abbiamo parlato con Luca Comper, Dirigente Generale Unità di missione strategica Affari generali della Presidenza, Segreteria della Giunta e Trasparenza, e con Stefania Allegretti, Direttrice dell’Ufficio sviluppo organizzativo e del personale del Dipartimento organizzazione, personale e affari generali.

“Il Piano – esordisce Luca Comper – nasce sulla scorta del lavoro fatto nel periodo pre-pandemico. Fin dal 2012 la Provincia di Trento ha portato avanti un progetto di telelavoro prima e di lavoro agile poi, coinvolgendo funzionari, figure apicali e infine i lavoratori impiegati nell’attività amministrativa. Risale al 2016 la sottoscrizione del primo accordo su telelavoro e smart working con le organizzazioni sindacali. Poi, come sappiamo, la pandemia ha costretto tutti ad uscire dagli uffici. Mentre rispondevamo all’emergenza, tuttavia, stavamo anche elaborando due documenti strategici: la Strategia provinciale per lo sviluppo sostenibile, che va a declinare le azioni previste dall’Agenda ONU 2030, e il documento sulla Smart Specialization. Venivamo anche da un importante lavoro di ascolto sul territorio, per cui durante gli Stati generali della montagna nel 2019 (anche questo percorso è stato partecipativo ed ha raccolto le istanze dei territori elaborate in un piano di proposte strategiche per la valorizzazione della montagna) era emersa in maniera pressante l’esigenza di poter lavorare in periferia evitando di scendere necessariamente in valle. È su questo terreno che si innesta il Piano strategico. In pratica ci siamo chiesti se lo smart working potesse diventare anche un elemento di promozione di una smartness territoriale, intendendo il concetto di smart in una accezione più ampia di quella legata esclusivamente al digitale. Su questo assunto si basa il piano: che un’innovazione di tipo organizzativo e lavoristico possa avere un impatto forte anche sulla trasformazione dei rapporti socio-economici del territorio”.

Il “Distretto Trentino intelligente” vuole essere, quindi, una policy territoriale che possa aiutare a raggiungere, attraverso l’incentivazione mirata e modulare del lavoro agile all’interno delle organizzazioni pubbliche e private, obiettivi di sostenibilità ambientale, economica, sociale e istituzionale come previsto dall’Agenda 2030. “L’obiettivo è integrare l’esperienza di organizzazioni pubbliche e private – sottolinea Comper – per trovare modelli organizzativi al passo con i tempi, che richiedono maggiore flessibilità e proattività rispetto a un ambiente che, come abbiamo imparato, è imprevedibile e mutevole. Il Distretto è il luogo in cui si realizza il tema della sostenibilità, in cui i cittadini si sentano protagonisti del cambiamento anche attraverso il digitale, ma non solo”. Si tratta di un percorso di medio e lungo periodo, slegato quindi dalle misure organizzative adottate come risposta alle necessità sanitarie.

Quante persone potrebbe coinvolgere? Gli occupati in Trentino sono 240mila tra pubblico e privato e di questi 120mila sono i profili potenzialmente interessati dalle varie forme di lavoro agile (53mila nel settore pubblico e 67mila nel privato). Il Piano ipotizza tre scenari: uno più hard per cui si pensa a 70mila smart worker; il secondo con 50mila smart worker (quindi un 20% sui potenziali); il terzo con 42mila smart worker (quindi 18%). 

Stefania Allegretti sottolinea in particolare la modalità partecipativa che ha portato alla redazione del Piano: “Tutti i portatori di interesse, rappresentanti datoriali del territorio, rappresentanti del sistema pubblico e di quello privato, organizzazioni sindacali, sono stati coinvolti attraverso la partecipazione a tre tavoli di lavoro – Personale e organizzazione, Trasformazione digitale e Logistica e spazi fisici – che si sono svolti tra fine marzo e metà aprile. Si è trattato di un lavoro davvero sfidante per coinvolgere tutti, coordinare i tavoli e alla fine mettere insieme i risultati. Un confronto mai avvenuto prima, indispensabile come riflessione post pandemica per affrontare insieme il futuro. C’è molta esigenza di fare sinergia, collaborare nel ripensare nuove modalità organizzative e fare rete. Dai tavoli di lavoro sono emersi quindi gli standard quali quantitativi convogliati nel Piano e che dovremo monitorare”. I Tavoli di lavoro si sono mossi nella cornice di un Atto di indirizzo (anch’esso esito di un percorso partecipato) che la giunta provinciale aveva approvato nel dicembre 2020, ponendo dei “paletti di discussione” per guidare il processo partecipativo. 

Ma la peculiarità del “Piano strategico” è quella di definire, oltre agli standard minimi e ideali per ciascun fattore abilitante alla nuova modalità di prestazione lavorativa, anche gli impatti che le politiche di diffusione del lavoro agile potrebbero avere sul territorio: impatti in termini di maggiore sostenibilità ambientale, maggiore produttività, maggiore equità e sostenibilità sociale e maggiore sostenibilità istituzionale che sono poi tra quelli promossi nell’ambito dell’Agenda 2030. Questa analisi è stata svolta anche con il prezioso supporto del Centro OCSE di Trento.

“Adesso – conclude Comper- andremo a declinare bene i contenuti del Piano all’interno delle politiche settoriali e delle singole realtà del territorio, per garantire un’attuazione modulare del piano governata da una comunità di pratica professionale che coinvolgerà HR manager e Facility manager delle realtà coinvolte”.

Le linee guida riconducibili al piano saranno declinate nel settore pubblico con accordi quadro, atti di indirizzo e direttive e per il settore privato attraverso l’adesione volontaria. Lato pubblica amministrazione, si ritiene che il lavoro agile possa portare a una forte azione di innovazione organizzativa a tutti i livelli e al miglioramento dei servizi offerti. Dal punto di vista più generale, si punta alla valorizzazione delle comunità periferiche, alla crescita delle competenze digitali e, infine, complessivamente alla valorizzazione del territorio.

“La nostra impostazione – conclude Comper – si basa sulla legge 81, per cui con il lavoro agile i vincoli spazio-temporali della prestazione lavorativa non sono più intesi in senso rigido, ma si dà maggior rilievo al risultato della prestazione lavorativa. Lo smart working è innanzitutto una scelta organizzativa del datore di lavoro, non è uno strumento di welfare…può esserlo, ma non lo è in prima istanza. Un cambiamento è già in atto ed è dirompente, dobbiamo cercare di non subirlo ma di governarlo dando ai datori di lavoro un tool di strumenti sui quali poggiare questa scelta organizzativa. In questa visione, parlare di percentuali di lavoratori in smart working perde di significato, non servono percentuali massime né tantomeno minime, serve una mappatura dei processi lavorabili a distanza e un controllo del datore di lavoro sul fatto che il livello di servizio non vada a diminuire, ma anzi migliori. Ci sarà poi il contratto collettivo a garantire una serie di tutele e regole, ma lo smart working deve svilupparsi come un modello di efficienza amministrativa e gestionale”.

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